Ettore Santus. Tutti i colori dell’espressionismo

Dal 28 gennaio al 20 febbraio Bipielle Arte ospita la mostra dedicata all'artista lodigiano Ettore Santus, con le opere realizzate dagli anni '50 al 2021.

Ettore Santus

a cura di Mario Quadraroli

Ettore Santus (1938) è attivo a Lodi e a Milano; già nella seconda metà degli anni ‘50 vive le esperienze giovanili negli ambienti artistici milanesi che vedevano le presenze dei maestri Ennio Morlotti, Gino Moro, Enrico Oldani.
A Lodi, nel 1969 viene premiato con medaglia d’oro alla prima edizione della Oldrado Da Ponte, rassegna artistica di prestigio che ancora oggi dà lustro all’arte lodigiana. Realizza mostre personali di particolare interesse, partecipando inoltre a mostre collettive che lo segnalano all’attenzione della critica e del pubblico.
Nel novembre del 1970, il critico d’arte Aldo Caserini scrive di lui: “Ettore Santus nella sua arte recupera valori che gli permettono di conseguire un successo sullo smarrimento e i valori sono quelli della vita, del sentimento, della sensibilità, dell’emozione”. Nell’aprile 1976 Maria Emilia Maisano Moro ricorda che: “I suoi paesaggi e le sue composizioni hanno un taglio essenziale che si sviluppa in variazioni quasi astratte. I suoi nudi acquistano una presenza più autonoma, una presenza luminosa e solare che richiamano le donne di Renoir”.
Nel corso degli anni intensifica la sua ricerca, oltre che nel campo figurativo, anche nelle tecniche di sperimentazione delle avanguardie storiche. Inoltre, si confronta con una realtà sociale di forte contrasto che condiziona la sua espressione pittorica innestando, nelle sue opere, una chiara intonazione di carattere civico e culturale.
Di quell’epoca rimangono forti testimonianze che ancora attendono una più approfondita lettura.
Negli anni ‘80 – ‘90 cresce in Santus l’interesse psicologico nei temi del ritratto che si manifesta, non come pittura di mestiere, ma come analisi della condizione del singolo.
Una più evidenziata e individuale ragione di essere di fronte alle cose e ai fatti, senza eludere i problemi che coinvolgevano tutti, ha spinto Santus alla viva necessità di porsi in intimo rapporto con la propria identità, col proprio lavoro e col senso implicativo del fare.

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